Franca Rame, la forza del teatro e della parola
di Daniele Biacchessi
L’odore del palco l’aveva travolta fin da bambina. Perché lei, Franca Rame, proveniva da una famiglia di teatranti di mestiere, maestri di marionette e burattini, fin dal ‘600. Nel suo lavoro, Franca era scrupolosa, meticolosa, tutto doveva essere al suo posto. Dagli anni Cinquanta, da quando con Dario Fo formò la sua compagnia, la forza del teatro la accompagnò per tutta la vita. E il suo teatro, come del resto quello di Dario, era anche e soprattutto impegno civile.
Franca era una donna attenta ai bisogni degli ultimi: dalle condizioni degli operai delle fabbriche milanesi che vivevano prima dello Statuto dei lavoratori in condizioni da Terzo Mondo, alla povera gente che viveva in case di ringhiera, senza servizi e senza diritti, fino alle donne offese, maltrattate e violentate.
Proprio per quelle battaglie a difesa delle condizioni delle donne, il 9 marzo 1973, un gruppo di squadristi di estrema destra costrinsero Franca a salire su un furgoncino, la stuprarono per ore e poi la liberarono. Uno dei criminali, Biagio Pitarresi, sostenne che lo stupro venne ispirato da alcuni ufficiali della Divisione “Pastrengo” dei Carabinieri.
Non si contano infatti gli spettacoli realizzati da Franca a sostegno di comitati, associazioni, impegnati in mille battaglie civili. Ma era sempre il teatro, la forza della parola, a fare la differenza. Perché non si trattava di fare “teatro politico” o “teatro civile”, ma di fare “teatro”, il più grande teatro che l’Italia del dopoguerra abbia visto.
Era persona coerente, nella vita, nelle scelte artistiche e politiche. Come quando il 15 gennaio 2008 si dimise da senatrice della Repubblica:
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